Dott. Catulla Contadin - Psicologa infantile - Psicoterapeuta - Noventa Vicentina (Vicenza)
Disgrafia: come riconoscerla?
La disgrafia è un disturbo specifico dell'apprendimento che riguarda l'aspetto motorio della scrittura, ovvero il grafismo, e non le regole ortografiche e sintattiche. I bambini con disgrafia faticano a riprodurre sia le lettere dell'alfabeto che i numeri; spesso non sono in grado di rileggere ciò che hanno scritto e questo può influire negativamente sulla capacità di correggere i propri errori.
Quali sono le manifestazioni più frequenti di questo problema?
Genitori e insegnanti possono notare che:
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la posizione del corpo del bambino è spesso inadeguata, con il busto eccessivamente inclinato in avanti e il gomito non appoggiato al tavolo. A volte la mano non impegnata nella scrittura non tiene fermo il foglio e ciò rende il tratto tremolante e disarmonico;
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l'impugnatura della matita in molti casi è scorretta, con conseguente affaticamento del polso;
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la pressione sul foglio è irregolare; a volte il bambino preme troppo lasciando "impronte" anche nelle pagine successive a quella di scrittura, altre volte il tratto è troppo debole;
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lo spazio del foglio non viene sfruttato in modo adeguato: il bambino con disgrafia non rispetta i margini, non riesce a scrivere all'interno delle righe senza sbordare, ha una linea di scrittura che oscilla verso l'alto e verso il basso, non lascia spazi adeguati tra le lettere e tra le diverse parole;
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le dimensioni dei grafemi sono irregolari; all'interno di una stessa frase o persino di una stessa parola, il bambino produce lettere molto grandi e molto piccole, o comunque di misure molto diverse tra loro;
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la forma delle lettere è spesso diversa da quella convenzionale; in corsivo, il bambino disgrafico tende a tralasciare i particolari di alcuni grafemi rendendo simili m/n, i/u, o/a, l/e. Alcuni grafemi sono talmente mal realizzati da essere del tutto irriconoscibili;
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i collegamenti fra le lettere sono interrotti o inadeguati, a causa della difficoltà dell'alunno di far scorrere la mano sul foglio e di seguire con lo sguardo ciò che sta scrivendo.
Il bambino disgrafico può essere lento oppure molto veloce nella scrittura, ma in genere compie dei movimenti a scatti, disarmonici. Talvolta inverte la direzione di scrittura procedendo da destra verso sinistra e sovente scrive lettere e numeri in modo speculare.
Nel disegno libero l'alunno disgrafico si dimostra sovente immaturo: la copia di oggetti è sommaria, priva di particolari, e la colorazione delle immagini è poco curata (rimangono buchi bianchi, il colore a tratti esce dai bordi, la pressione non è costante). Anche la riproduzione di figure geometriche manca di precisione; il bambino fatica a chiudere le forme e tende a stondare gli angoli.
Come capire se si tratta di un ritardo nella maturazione dei prerequisiti della scrittura
o di una vera e propria disgrafia?
E' necessaria una valutazione accurata delle abilità di base per l'apprendimento della scrittura: percezione visiva, organizzazione e integrazione spazio-temporale, conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo, orientamento destra-sinistra, coordinazione motoria, dominanza laterale, memoria e attenzione (Pratelli, 1995). Si tratta di focalizzare l'attenzione sulle capacità del bambino, su ciò che è in grado di fare, per progettare un percorso riabilitativo con obiettivi realisticamente raggiungibili.
Le linee guida della Consensus Conference raccomandano, in tutti i casi di DSA, di procedere con una valutazione delle abilità cognitive di base al fine di escludere un ritardo intellettivo, e di tener conto dell'impatto che il disturbo ha nella vita scolastica e nell'adattamento generale del bambino.
Un training di potenziamento specifico di almeno tre mesi può consentire di discriminare con maggior precisione i casi di disgrafia da quelli di ritardo maturativo. Il periodo estivo è un buon momento per effettuare questo tipo di intervento perché il bambino è più libero dagli impegni scolastici, ha meno carico di studio e può recuperare le abilità deficitarie.
Impugnare correttamente la penna
E' il primo passo per imparare a scrivere bene
Per l'adulto scrivere è un processo semplice e automatizzato: si prende in mano una penna e si lasciano scorrere i pensieri trasformandoli in frasi scritte. Per il bambino le cose sono molto diverse.
Tutto inizia dalla scoperta che è possibile lasciare un segno del proprio passaggio su qualche materiale: può essere la sabbia bagnata che trattiene l'impronta del piede per qualche secondo prima che l'onda del mare la cancelli, può essere il cortile di casa disegnato con qualche sassolino colorato, può essere il muro della propria stanzetta rigato dal passaggio di qualche giocattolo.
Quando il bambino sperimenta la prima volta i pennarelli può dimostrare più curiosità per il tappo estraibile che per le loro proprietà. In genere sono gli adulti a mostrare come si usano e ad invitare il piccolo a fare altrettanto.
La prima forma di prensione utilizzata dal bambino è quella palmare (12-18 mesi): tutte le dita della mano sono piegate attorno alla penna, il polso e il braccio rimangono sollevati dal tavolo e per scrivere viene usato tutto il braccio.
Successivamente il bambino inizia ad appoggiare il gomito sul tavolo e a utilizzare principalmente tre dita per sostenere il colore (pollice, indice e medio), ma il movimento del polso è ancora limitato (2-3 anni).
Verso l'ultimo anno della scuola dell'infanzia, la presa del mezzo grafico inizia ad essere più sciolta e si perfeziona fino ai 10-11 anni.
Un tempo si credeva esistesse un solo modo di afferrare correttamente la matita: la prensione a 3 dita dinamica. Come si vede dal disegno, in questo tipo di prensione pollice, indice e medio collaborano nella realizzazione dei gesti di flessione e estensione della penna, mentre anulare e mignolo offrono stabilità alla mano (Summers, 2001).
La punta della matita dovrebbe essere rivolta verso sinistra nei mancini e verso destra nei destrimani. Dovrebbe essere inclinata di circa 20-30° dalla verticale in direzione di chi scrive.
La prensione a 3 dita dinamica è efficace perché le articolazioni possono muoversi liberamente e i meccanorecettori dei polpastrelli delle dita riescono a fornire input molto accurati facilitando il controllo della motricità fine.
Alcuni studi, tuttavia, hanno evidenziato che solo il 15% dei bambini di età compresa tra i 7 e i 9 anni ricorre a questo tipo di prensione, e che i soggetti che utilizzano tipologie di prensioni diverse non necessariamente scrivono male (Parush et al., 1998).
Generalmente l'effetto negativo di una presa scorretta
si rivela quando il bambino scrive per periodi di tempo prolungati;
in questi casi può accusare dolore alle dita o al polso
e può essere costretto ad afferrare la penna in modo diverso
per cercare di ottenere un sollievo momentaneo.
I bambini disgrafici spesso hanno una prensione che causa affaticamento e assumono una posizione con il capo e con il busto che non consente una visione ottimale di ciò che stanno facendo.
Per questo lo psicologo che li prende in carico deve compiere un'adeguata valutazione di questi aspetti e rieducare, se necessario, anche la prensione del mezzo grafico.
BIBLIOGRAFIA
Blason L. et al. (2008), Il corsivo dalla A alla Z, Editrice Erickson.
Video Pregrafismo con i cerchi:
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